Immaginiamo di trovarci lungo la sponda di un fiume. Se vi chiedessi di attraversarlo per raggiungere la riva opposta e sapendo di avere la possibilità di usare a scelta:

  • Un veloce motoscafo
  • Un elicottero
  • Una catapulta (dall’altra parte c’è una rete che vi aspetta!)
  • Un ponte tibetano
  • Un ponte in kit di rapido e facile montaggio

Cosa scegliereste?

Non esiste una risposta “giusta”, ma è solo una questione di stile.

Per raggiungere la riva opposta un uomo d’affari, che non ha tempo da perdere, sicuramente cercherà di usare il mezzo più veloce e quindi potrebbe optare per il motoscafo o l’elicottero.

Chi, invece, ha uno spirito avventuroso potrebbe tentare l’attraversamento del ponte tibetano se non addirittura farsi catapultare dall’altro lato sperando di arrivare magari spettinati, ma incolumi sulla rete.

Gli amanti del “fai da te” sicuramente sceglierebbero il ponte in kit di montaggio, sperando di non fare la fine di Wile E. Coyote (vi ricordate e di finire in acqua prima di terminare la costruzione.

Non so se voi appartenete ad una di queste categorie di persone o in quale altro modo affrontereste il problema, ma posso senz’altro dirvi cosa farebbe un attore.

Chi si misura con questo ostacolo con un approccio di tipo teatrale, non getterebbe un ponte al di là del fiume per conquistare con un balzo l’altra sponda.

L’attore non si curerebbe della meta.

Cercherebbe invece un guado o delle pietre affioranti per avventurarsi sul fiume ed attraversarlo un passo alla volta. Assaporerebbe la frescura delle acque, si lascerebbe cullare dal loro rumore. Riuscirebbe anche ad immergersi dove necessario fino al limite delle proprie capacità, magari fino ad avere l’acqua alla gola; ma mai oltre, per non perdersi.

Un passo dietro l’altro cercando la pietra ferma sulla quale appoggiare saldamente il piede e poi un altro passo. Scivolare, rialzarsi bagnati e pronti a continuare senza pensare che intanto qualcuno sta cercando delle scorciatoie per arrivare prima.

Perché quando l’attore arriva finalmente sulla riva opposta, e credetemi ci arriverà, sa già che l’importante non è l’essere arrivati, ma come ci si è arrivati. Per l’attore è importante il percorso fatto, la conquista di quelle acque che saltandole, sorvolandole o navigandole velocemente, non avrebbe potuto conoscere.

In teatro quindi quello che conta non è la meta, ma la strada per arrivarci.

E una volta raggiunta la meta, superato il fiume, scoprire che di fronte ci attende ancora una montagna da scalare. E l’attore affronterà anche la montagna, senza curarsi di sapere cosa ci sarà oltre perché questo rappresenta il futuro, mentre in teatro bisogna vivere il presente.

L’unica cosa certa è che oltre una meta ce ne sarà sempre un’altra, e poi un’altra e un’altra ancora e che quindi non ci sarà mai una fine.

Tanto vale godersi il viaggio!