La creatività e il teatro come strumenti educativi privilegiati

Albert Einstein, si sa, era uno scienziato, eppure non aveva alcun dubbio sull’importanza della fantasia: “Se osservo me stesso e il mio modo di pensare, mi è chiaro che la fantasia è per me molto più importante della capacità di pensiero astratto”.

Il bambino sviluppa la capacità di fantasticare tra il secondo e il terzo anno di vita, ovvero quando il gioco perde il suo carattere concreto e oggettivo. In questo stadio dello sviluppo cognitivo, il bambino non si accontenta più di battere un cucchiaio sulla pentola: ora la pentola diventa una barca e il cucchiaio diventa un remo. Facendo un altro esempio, se si dà ad un bambino di due anni una scodella piena di sabbia e gli si dice che è una torta di compleanno, può succedere che il bambino cominci a mangiare la sabbia. Un bambino di tre anni invece ti guarderà e risponderà: “E’ solo un gioco, vero?”. Il bambino di quattro anni sa che è un gioco: comincerà quindi ad ornare la sabbia con fiori e foglie e inviterà gli amici a una festa di compleanno.

Insomma, a quest’età il bambino può prendere in mano le cose più semplici e farle diventare qualsiasi cosa desideri per poterci giocare. Quindi, nel medesimo istante in cui il bambino comincia a pensare, si risveglia anche la fantasia infantile.

E se pensiero e fantasia crescono e maturano insieme, ecco che si trasformano in pensiero creativo. Ma cos’è la creatività? Spesso questo termine è erroneamente utilizzato come sinonimo di ‘fantasia’, ma non è così. La fantasia è in realtà uno strumento per sviluppare la creatività. Così come spesso si definisce un creativo chi ha un talento puramente artistico. Niente di più sbagliato. La creatività è invece la capacità di problem-solving (ovvero la capacità di analizzare e risolvere un problema in maniera innovativa), nonché la capacità di definire e strutturare in modo nuovo le proprie esperienze e conoscenze. In questo senso, creativo non può essere solo uno scultore o regista o un coreografo, ma anche un matematico, un architetto, un esperto di tecnologia.

Purtroppo, l’apprendimento sistematico e induttivo delle conoscenze (quello utilizzato nel tradizionale sistema scolastico) comprime e indebolisce questa capacità. E’ dimostrato da studi scientifici come l’indice di creatività di un bambino (che prima dell’età scolare è elevatissimo) dopo i 6 anni cominci a scemare. Per questo è importante continuare ad alimentare e allenare il pensiero creativo attraverso attività laboratoriali in cui i metodi di insegnamento sono partecipativi e centrati sull’allievo e in cui il ruolo dell’insegnante non è quello di “detentore della conoscenza”, ma di “facilitatore” di un processo di scoperta che vede protagonisti i partecipanti stessi.

In questo senso, il teatro è sicuramente la disciplina artistica principe di tale approccio didattico, in cui strumenti principali del lavoro sono immaginazione e fantasia. In un laboratorio teatrale, l’allievo deve infatti imparare a esprimersi attraverso il corpo, i gesti e la parola e deve farlo con una tale abilità da far credere al pubblico che è reale ciò che è finzione. Può trasformare il suo corpo in un animale, diventare alto come un gigante o minuscolo come un topolino, immergersi nel mare o arrampicarsi sulle montagne, parlare una lingua inventata e farsi comprendere comunque, trovare finali non scontati a canovacci intricati, capovolgere situazioni e personaggi, insomma rendere possibile anche l’impossibile grazie alla forza dell’immaginazione e della recitazione mettendo in gioco tutto il suo essere.


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