L’importanza del gioco teatrale per lo sviluppo dei bambini

Si sa: il bambino impara principalmente imitando dagli adulti. Gesti, parole, atteggiamenti, vengono assorbiti fino a diventare parte del suo essere: dal linguaggio, alle azioni quotidiane, alle regole di comportamento, alle qualità morali, tutto avviene prima osservando e poi imitando, esattamente come fa un attore. “Recitare”, infatti, letteralmente vuol dire “citare due volte” ovvero “ripetere”, che è quello che i bambini fanno già in maniera del tutto naturale e spontanea.

E poi c’è l’importanza del gioco. Non quello dei giocattoli iper-tecnologici o didattici oggi divenuti così popolari, ma quello esperito con oggetti semplici, essenziali e poco definiti perché la fantasia del bambino possa farli vivere come desidera.

Il gioco è quindi l’attività più seria che un bambino possa fare.

Rudolf Steiner diceva: “Gli spazi dedicati al gioco sono spazi di futuro”, ovvero spazi in cui gettare le basi per la “costruzione” della personalità.

Anche sotto questo aspetto c’è un chiaro e forte parallelismo con il teatro: nella lingua inglese, infatti, recitare si traduce con “to play” ovvero “giocare”. Ed è proprio la dimensione fortemente ludica della recitazione che la rende un’attività particolarmente indicata per i bambini. Insomma, non è un caso se il teatro è da sempre considerato da pedagogisti e psicologi terreno fertile per una stimolazione a tutto tondo dei bambini (ma non solo), in quanto rappresenta ciò che di più vicino esiste al modus di apprendimento dei più piccoli.

Stimolare un bambino non vuol dire infatti offrirgli stimoli intellettuali prima del tempo, ma immergerlo totalmente in un mondo ricco di fantasia, immagini, gioco, colori, musica, movimento, insomma in un mondo che susciti curiosità e meraviglia e che possa nutrire la sua anima.

Attraverso il ‘gioco-del-teatro’ e l’arte del ‘re-citare’, i giovani allievi possono sperimentarsi con tutti i sensi, muoversi con tutto il corpo, esprimersi con tutta la gamma delle emozioni, riproducendo le più disparate situazioni, sia reali che fantastiche.

La recitazione quindi non è affatto una riproduzione vuota e meccanica del mondo circostante (che quando insegnata da docenti non qualificati viene ridotta a sterile memorizzazione di battute associate a una determinata gestualità), ma una rielaborazione che ha come premessa la comprensione. Non esiste situazione, né esiste personaggio o battuta che il bambino possa far vivere in scena in modo credibile se prima non li ha fatti propri; non c’è emozione che possa esprimere se prima non ne prende coscienza; insomma non c’è mondo che l’allievo-attore potrà plasmare se prima non l’avrà compreso. E più il bambino cresce, maggiori stimoli e livelli di approfondimento gli verranno offerti per fare in modo che l’apprendimento della disciplina (e quindi del suo modo di osservare, analizzare, rielaborare) vada di pari passo non solo con la sua maturità psico-emotiva, ma anche con il progressivo sviluppo delle abilità emerse.


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