Il teatro: una bilancia che non quantifica ma qualifica | Diario di una maestra

Ultimamente se penso al teatro, soprattutto nella sua valenza educativa, mi viene in mente l’immagine di una bilancia.

Cosa c’entra la bilancia con il teatro? Qualcosa può c’entrare…

Riflettendo su ciò che accade in sala durante i laboratori e sul lavoro di organizzazione delle lezioni, fatto a casa a tavolino, diventa sempre più evidente come il teatro sia fatto, in tutte le sue sfaccettature, di dicotomie.
Ci sono il gioco e la disciplina, la creatività e la logica, l’Io e il Tu, i maestri e gli allievi, l’attore e il pubblico, l’intimità e l’esteriorità. E queste coppie dicotomiche sono sempre in una tensione di equilibrio tra loro: se potessimo metterle su una bilancia i due piatti resterebbero in una situazione di costante e impercettibile oscillazione senza mai pendere troppo da una parte a sfavore dell’altra.
Quindi credo che l’immagine della bilancia possa spiegare molto bene il teatro, una bilancia che non misura, non quantifica ma qualifica.

E il gioco e la disciplina, la creatività e la logica e così via si qualificano, nel loro apporto educativo, proprio grazie al loro costante rapporto di equilibrio.

Ogni gioco presuppone sì la libertà, ma anche la sottomissione a delle regole.
Ogni atto creativo presuppone immaginazione e creazione di sensi e di significati inediti, e perché no anche assurdi, ma sempre assecondando una logica e una coesione interna.
Il teatro è espressione dell’Io ma anche riconoscimento del Tu, e per far sì che il gioco del teatro funzioni l’Io e il Tu devono restare in equilibrio, in un costante gioco di emersione e riconoscimento.
Anche il rapporto di noi insegnanti con gli allievi è caratterizzato da questo bilanciamento costante tra dare e ricevere, direzionare e accompagnare, osservare e partecipare. Inoltre non c’è mai una separazione netta tra “maestro” e “classe” ma appunto c’è un equilibrio: il maestro si fa anche compagno di scoperta e l’allievo svela sempre qualcosa al maestro in un continuo scambio di energie necessario affinché il gioco del teatro funzioni.
Anche tra attore e pubblico funziona così. L’immagine della bilancia mi sembra funzionale anche nel descrivere il continuo atto comunicativo che si instaura tra attore e pubblico nel qui ed ora delle performance teatrali. Ogni attore è un attore diverso a seconda del pubblico che c’è dall’altra parte. Si crea un filo immaginario che tiene legato il pubblico al suo attore e l’attore al suo pubblico e in modo misterioso comunicano tra loro, perfino nei silenzi.

Il teatro bilancia continuamente la nostra interiorità mitigando i nostri tratti più estremi, bilancia timidezza ed esuberanza, paura e coraggio, rende vulnerabili e lascia scoperti ma allo stesso tempo rende consapevoli e quindi più solidi.
E nel teatro il confine tra ciò che è interno e ciò che è esterno non è mai definito e mai definibile: sono in costante equilibrio.

Allora si, il teatro è una bilancia che non misura ma qualifica.
Non misura perché il suo scopo non è dare un peso alle cose ma scoprire la qualità delle cose, che è sempre una qualità in relazione, sempre una qualità che si controbilancia con un’altra qualità.

Ed è forse per questa costante ricerca di equilibri che il teatro ci rende migliori!