Diario di una maestra | 62° giorno

“Succede sempre così: quando il male che può fare un ragazzo vi torna utile, voialtri grandi siete pieni di indulgenza; mentre poi se facciamo magari qualcosa a fin di bene che ci riesce male, come è successo a me stamani, allora ci date tutti addosso senza remissione!” (cit. Giannino Stoppani)

Ieri, giornata mondiale del libro, le maestre della scuola elementare di Lavello hanno organizzato un’interessante iniziativa: far leggere agli adulti alcune pagine del libro preferito della loro infanzia. E poiché anche L’Albero è stato invitato a partecipare, mi sono così ritrovata a rileggere, da donna e da mamma, il divertentissimo “Giornalino di Gian Burrasca”; un bellissimo dejavù costantemente accompagnato  dalla voce della Pavone che continuava a risuonarmi nella testa a suon di “pa-ppa-pa-ppa-pa-ppa”.

A parte Rodari, che spesso mi ritrovo a riprendere per motivi legati alla didattica, è stata la prima volta che ho riletto, da adulta, un libro della mia infanzia. Dovremmo farlo tutti più spesso. Non è un puro fatto nostalgico. E’ un esercizio doveroso, ma divertente e utilissimo al tempo stesso, per chi è a contatto con i bimbi come educatore o genitore. In fondo, i libri cosiddetti per l’infanzia, cosa sono se non la lente per guardare il mondo con gli occhi dei più piccoli?

Gian Burrasca è stata quindi l’occasione per mettermi nei panni di un bambino che oggi verrebbe sicuramente schedato come un caso di soggetto iperattivo e con disturbi dell’attenzione. Ecco perché se da bambina Giannino Stoppani mi faceva simpatia, ora da grande mi fa anche tanta tenerezza.
Gian Burrasca, come la maggior parte dei bambini cosiddetti indisciplinati, è infatti intelligentissimo, fantasioso, ingegnoso, sensibile, generoso. La sua unica ‘colpa’ è quella di non conoscere ancora il difficile concetto di ‘limite’ applicato all’altrettanto difficile concetto di libertà: libertà di pensiero, di espressione del sé e del proprio piacere. Lui osserva il mondo che lo circonda e assorbe, nel bene e nel male, i messaggi che questo mondo, come uno specchio, gli rimanda. Ecco perché, paradossalmente, Giannino molto spesso crea disordine e scompiglio proprio nel momento in cui non fa altro che applicare alla lettera gli insegnamenti degli adulti, come quello, ad esempio, di dire sempre la verità. Ma come è possibile dire sempre la verità in un mondo che – in quanto governato dagli adulti – è tutt’altro che sincero e filantropo! Come pretendere che un bambino possa imparare a distinguere il bene dal male se gli adulti hanno un concetto relativo di ‘bene’ e di ‘male’ ovvero giudicano bene ciò che è a proprio vantaggio e male ciò che è a proprio svantaggio?
Infine, cos’è la benestante e onesta famiglia di Giannino se non la rappresentazione in piccola scala di una società ipocrita, opportunista, egoista e materialista? Sorella e marito si prendono cura di un vecchio zio solo per ereditarne le ricchezze; il cognato avvocato confeziona false testimonianze; i gestori dell’istituto correttivo per risparmiare fanno mangiare ai ragazzi la brodaglia in cui lavano i piatti per una settimana!

Ovviamente, non erano queste le riflessioni che potevano (e nemmeno dovevano) scaturire da parte dei bambini da qualche stralcio di lettura delle “birbonate” di Giannino;  eppure…
Alla mia domanda “chi mi racconta il guaio più grosso che ha combinato?” ecco accavallarsi racconti di pallonate che hanno distrutto vasi e specchietti di macchine; schizzi di pennellate sui muri, corse in bicicletta finite con l’investimento di passanti. Mentre alla domanda “Chi di voi è mai stato punito ingiustamente?” Mauro, 8 anni, racconta che suo padre aveva deciso di regalare la sua vecchia bicicletta; così un giorno, di sua iniziativa, Mauro la regala a un suo amico che non ce l’aveva. Non appena il padre lo viene a sapere si arrabbia moltissimo. Mauro allora esclama con un sorriso ancora sorpreso: “Io non ho ancora capito perché non potevo regalarla visto che era stato lui stesso a dire così!”. Un’altra bimba, Antonia, dice di essere stata punita ingiustamente per essere caduta dalla bicicletta ed essersi così sbucciata un ginocchio, come se fosse una ‘colpa’ cadere e farsi male!
I bambini lo sanno, eccome, cosa è giusto e cosa è sbagliato. E a stabilirlo non è di certo una regola astratta e calata dall’alto, ma è l’esperienza che essi stessi quotidianamente fanno, nonché gli esempi offerti dai comportamenti degli adulti. Loro vedono; loro capiscono, loro sanno (e non è la citazione del film di Veltroni, giuro!)
La prova finale ne è Luigi, 10 anni. Quando, durante la lettura del divertente scherzo della pianticella di dìttamo fatto da Giannino alla zia Bettina quest’ultima dice al nipotino che se lui non racconterà a nessuno del suo innamorato Ferdinando, lei cercherà di farlo perdonare dal suo babbo per le sue birichinate, ecco che Luigi esclama: “Ma questo è un ricatto!”.
Ehmm… sì… in effetti… è un ricatto! Come negarlo?
Occhio, dunque! I bambini ci osservano con molta più attenzione di quanta noi ce ne mettiamo nell’osservare loro. Anche in questo dovremmo imparare dai nostri piccoli Gian Burrasca!