Cuccioli e guerrieri | Diario di una mamma

A dicembre, l’ultima lezione di teatro è sempre la più bella. Ogni fine d’anno le porte della scuola si aprono e noi genitori possiamo vedere cosa succede in quelle due ore di corso. Sono una veterana delle lezioni aperte dell’Albero, ma ogni volta sono agitata e so che mi commuoverò.

Quest’anno poi, le lezioni sono due: c’è anche il mio cucciolo di sette anni, che ha cominciato a settembre. E sono preoccupata. Non vuole entrare. Non vuole partecipare. Un po’ ci sono abituata: mio figlio sente le sue emozioni con il volume sempre al massimo e spesso sembra viaggiare ad una velocità diversa da tutti gli altri; a volte penso che lo faccia apposta per mettermi alla prova e per sperimentare cosa riesce a scatenare con la sua emotività intensa e straripante.
E, infatti, comincia il suo andirivieni dentro e fuori la sala. Alla fine si siede accanto a me.
Ha deciso di non partecipare. I maestri lo chiamano ma lui si nega. Non vuole essere guardato dal pubblico. Rispondo che non c’è nessun pubblico, ma solo qualche genitore seduto in fondo alla stanza. Niente da fare. Vuole soltanto guardare gli altri. La lezione comincia e lui resta con me, anzi si siede in braccio. Non c’è nulla di performativo, i maestri avviano il training attoriale con gli allievi, semplicemente aggiungendo qualche spiegazione per noi profani. Ecco che, come per magia, mio figlio si alza, inizia a tentennare e va in mezzo ai suoi compagni. Ma poi ritorna da me. I maestri lo invitano nuovamente. Deve scegliere da che parte stare. Deve decidere. Dentro o fuori. E lui…. sceglie il gruppo! Sa di farne parte e capisce che la sua assenza mette in difficoltà i compagni. Sta imparando a rispettare le regole e si mette in gioco. Con gli altri. Armoniosamente. Alla stessa velocità dei compagni. E io piango per questo piccolo grande passo in avanti.

Poi tocca alla mia principessa, che però non è una principessa delle favole, ma una piccola donna con un cuore ribelle, una guerriera che sta cercando di capire come fare la differenza per un mondo migliore.  Nel suo gruppo sono in tanti. Tutti ex-bambini, pronti a diventare altro. Anche loro guerrieri. Cominciano. Sono fantastici: è evidente l’empatia e la fiducia che hanno tra di loro. Si capiscono guardandosi e riescono ad improvvisare sulla base di canovacci scelti al momento da noi osservatori. Interagiscono e si mettono in discussione. Non ci sono vincitori. Non si avverte ansia. Ci sono soltanto piccole persone, ognuna unica e meravigliosa, tutte indispensabili. E mia figlia è una di loro.

Non so come insegnare ai miei figli a crescere educati, curiosi, felici e sicuri, ma so che il teatro è una vela che li aiuterà ad affrontare venti difficili quando dovranno navigare nelle difficoltà del mare aperto del mondo. Sono di nuovo commossa.