Come il teatro favorisce l’apprendimento scolastico

Prima dei sei anni (ovvero prima dell’inserimento scolastico) il gioco è il principale (se non esclusivo) strumento di apprendimento di un bambino. Egli è infatti costantemente in movimento, le sue attività ludiche sono spontanee e non appena il suo interesse viene attratto da qualcosa ecco che il gioco si sviluppa da sé.

Nella scuola dell’infanzia, dove le attività hanno precise finalità didattiche e sono rigorosamente programmate, l’apprendimento avviene comunque attraverso l’esperire e quindi attraverso un approccio fondamentalmente ludico e attivo.

Con l’ingresso nella scuola primaria, i bambini vengono catapultati in un sistema educativo in cui si sta fermi e si ascolta: la dimensione giocosa improvvisamente svanisce; al ‘fare’ in prima persona (io) si sostituisce il ‘dire’ in terza persona (l’insegnante); alla leva motivazionale della curiosità subentra quella del voto; si richiede attenzione per molte ore consecutive. Ecco che così tutto quello che fino a qualche mese prima si imparava divertendosi e in maniera non impositiva, ora si apprende con una richiesta di sforzo e fatica spesso inutile.

Il rischio è che il bambino si demotivi e associ alla scuola un senso di noia e frustrazione. Nonostante lo sforzo e l’intraprendenza di tante bravissime insegnanti di innovare un sistema educativo ancora troppo lontano dalle nuove istante della pedagogia infantile, la scuola deve destreggiarsi fra programmi precisi da portare avanti, strumenti di valutazione livellanti e standardizzati, senza contare che non c’è tempo e modo di dedicarsi ai singoli che hanno indoli, intelligenze e inclinazioni diversissime.

La scelta di una attività creativa che si integri al percorso formativo scolastico potenzialmente accidentato, diventa quindi importante e in alcuni casi necessario per aiutare e rinforzare il bambino su tutta una serie di aspetti (ad esempio, concentrazione, blocchi emotivi, motivazione) che sono fondamentali per agevolare e migliorare l’apprendimento scolastico.
In uno studio condotto negli USA, Sara Smilanski ha indagato il rapporto fra attività creative e giochi che richiedono un uso della fantasia tipico dell’età pre-scolare e il successivo comportamento dei bambini nella scuola, constatando che creatività, gioco e immaginazione rafforzano le capacità cognitive che si impiegano nella scuola. Oltre a ciò, i bambini “bravi” in tali attività ludiche dimostravano volontà di apprendere, empatia e capacità sociali.

Il teatro è da sempre strumento privilegiato per lo sviluppo di tali “abilità” poiché getta un ponte fra pensiero fantastico infantile e pensiero adulto astratto, correndo in soccorso di quei bambini che presentano problematiche di rendimento scolastico.

Questo perché la metodologia teatrale dialoga con le diverse tipologie di intelligenze e in una singola lezione si lavora su più aree di apprendimento.

Nella prima parte della lezione, ad esempio,  si vanno a sviluppare simultaneamente l’intelligenza cinetica, ritmico-musicale e spaziale attraverso un training psico-fisico in cui si allena l’attenzione, si impara a coordinare i movimenti, ad auto-percepire il proprio corpo e lo spazio che ci circonda. Nella parte centrale della lezione si va a sviluppare l’intelligenza interpersonale e quella intra-personale attraverso esercizi che rafforzano il gioco di squadra e la relazione con i compagni, nonché il riconoscimento e l’espressione delle proprie emozioni. Nella terza e ultima parte della lezione – dedicata ai giochi di ruolo e alle improvvisazioni che si sviluppano sulla base di coordinate prestabilite (quali luogo, situazione, personaggi, azioni) – si potenziano l’intelligenza linguistica e la capacità di problem-solving, si affina il senso estetico e lo spirito critico. Insomma, nella fase finale di ogni incontro, il gioco del teatro si fa creatività pura in quanto nasce da un’idea (l’input dell’insegnante o del gruppo) e si sviluppa attraverso l’individuazione di ciò che serve per realizzarla (output degli allievi).

Questo lavoro corale e sociale – che però tiene costantemente conto delle inclinazioni e delle personalità di ognuno – si traduce fondamentalmente in una consapevolezza di sé e del mondo circostante; in una più sviluppata capacità di analisi e di rielaborazione di situazioni, problemi e contesti; in un potenziamento delle abilità espressivo-verbali e della capacità di concentrazione e attenzione; in una maggiore gestione delle proprie emozioni; insomma si traduce in una stimolazione di tutti quegli aspetti che inevitabilmente vanno a migliorare non solo l’approccio allo studio e l’apprendimento scolastico, ma anche il rapporto con compagni e gli insegnanti.

 


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