“La sensibilità fa gli attori mediocri, l’estrema sensibilità gli attori limitati, il sangue freddo e il cervello gli attori sublimi.” Con questo paradosso, che proprio per la sua natura sembra scontrarsi con l’opinione comune, il filosofo ed illuminista Denis Diderot riuscì ad attaccare la sensibilità di quegli autori e di quel pubblico ancora ancorati ai principi assoluti del Romanticismo. Ancora oggi molti sono convinti che l’attore debba “entrare nel personaggio”, come se dovesse farsi carico di tutte le sue passioni, le sue emozioni, le sue criticità. Se così fosse gli attori di talento li troveremmo più facilmente nelle celle di un manicomio, più che nei camerini di un teatro. Questo non vuol dire che Diderot ritenesse gli attori privi di sensibilità, ma piuttosto che questa debba essere padroneggiata dal mestiere. Infatti, aggiunge Diderot “Un attore che ha soltanto buon senso e giudizio è freddo; uno che ha solo sensibilità e vivacità è folle. Solo una combinazione di buon senso e calore fa l’uomo sublime: e sulla scena, come nella vita, chi mostra più di quanto sente fa ridere invece di commuovere.” Per meglio comprendere quanto un attore sia coinvolto emotivamente in una scena, possiamo immaginare ad esempio quello che succede […]