LA SFIDA DI SILENT CITY ALL’INTERNO DI UNA ECoC


Dopo un anno e mezzo di lavoro su Silent City, la Community Opera che andrà in scena per il programma ufficiale di eventi di Matera 2019, è arrivato il momento di raccontarvi una delle fasi che che abbiamo voluto fortemente nel progetto: la valutazione e il monitoraggio di SilentCity, affidata  al nostro partner Materahub.

Silent city è un progetto che sperimentiamo per la prima volta e  per noi era fondamentale seguire e valutare il coinvolgimento delle comunità e di avere strumenti concreti per pensare e pesare l’impatto di Silent City sul processo Matera2019, rispetto alla città-regione, e alla nostra organizzazione .

Vi raccontiamo con una piccola intervista il lavoro che stiamo portando avanti con Paolo Montemurro, direttore di Materahub e Carlo Ferretti, il ricercatore che sta lavorando con il team di progetto di Silent City.

Materahub, si occupa di sostenere e dare gli strumenti per lo sviluppo delle Industrie culturali e creative in Europa e in Italia.

Paolo,  come si inserisce il lavoro su Silent city, in questo contesto?

“In questo momento storico è sempre più importante per le organizzazioni culturali europee riuscire a dimostrare che il loro lavoro- spesso immateriale – può  avere un grandissimo impatto sulle comunità coinvolte.

Un impatto che – pur non essendo immediatamente visibile e misurabile – risulta invece essere fondamentale per uno sviluppo della comunità stessa dal punto di vista sociale, economico e di un benessere globale.

Eventi come le Capitali Europee della cultura sono occasione perfetta per lavorare su iniziative pilota ed un laboratorio per costruire nuovi modelli a servizio delle organizzazioni culturali e creative, dei decisori politici e in generale di chiunque creda che la cultura possa avere un ruolo centrale nello sviluppo locale, sostenibile e innovativo.

Quindi con Silent city vogliamo aggiungere un altro caso pilota al gruppo di iniziative e studi che stanno lavorando su questo tema in Europa .

Questo progetto apre una fase nuova anche per Materahub durante la quale iniziamo a collaborare con ricercatori esperti di alcuni dei temi che affronteremo. Siamo contenti della collaborazione con Carlo Ferretti che porta la sua esperienza nel nostro hub virtuale fatto di competenze e sempre sfide nuove.”

Carlo, una domanda facile facile per iniziale,  come si misura l’immateriale?

“Una domanda scoppiettante. L’immateriale è per definizione qualcosa di difficilmente rappresentabile e altamente aleatorio. I valori sono immateriali. Per esempio, l’onestà è un valore immateriale e in quanto tale difficile da misurare (il grado di onestà, per esempio, può essere estremamente variabile a seconda della persona e del suo contesto socio-culturale). Il rischio perciò di scivolare su una buccia di banana è altissimo. D’altro canto, vi è una generale necessità di superare la mera quantificazione del valore economico e rappresentare nuove forme di valore espresso. Una sfida entusiasmante, ma di sicuro non facile.

L’immateriale non è misurabile di per sé. Bisogna piuttosto essere in grado di creare una struttura quantitativa e qualitativa che ci permette di riconoscere, tracciare e comunicare il valore immateriale che qualsiasi organizzazione, non solo culturale, è in grado di generare con la propria azione. Data la complessità di tale processo, è fondamentale essere scrupolosi nella definizione degli obiettivi d’impatto: questo garantisce intenzionalità e fluidità nel procedimento di valutazione.”

Ci racconti il tuo percorso, come sei arrivato ad occuparti di questo tipo di ricerche e cosa stiamo facendo con Silent City?

“Ho studiato Economia e Management della Cultura in Olanda, a Rotterdam. Il mio percorso di professionalizzazione è nato lì. Volevo approfondire strumenti e strategie per supportare la crescita del settore culturale, e più specificatamente dell’impresa culturale e creativa. Ciò che mi guida è una incontrastata fiducia nella bellezza e nell’arte, veicoli di elevazione del nostro spirito e del nostro quotidiano. La ricerca sulla valutazione dell’impatto socio-culturale è stata una diretta conseguenza. Questo rappresentava per me un ulteriore strumento per indagare l’importanza che le organizzazioni volte all’azione culturale generassero sul singolo essere umano e cittadino, nonché sull’intera comunità. Ho la fortuna di poter sviluppare questa ricerca in collaborazione con l’Università di Rotterdam.

Il mio rapporto con Matera è, invece, colorato di storie e ricerca. Prima infatti di iniziare il lavoro con Silent City, ho avuto la fortuna di condurre la mia ricerca di tesi proprio qui, più di due anni fa. L’obiettivo era quello di ragionare sull’impatto che le imprese culturali e creative hanno sullo sviluppo di una comunità rurale come quella di Matera. Direi quindi che l’analisi che stiamo svolgendo ora è la naturale conseguenza del percorso iniziato allora.”

Qual è la sfida che un progetto come Silent City deve poter raccogliere seondo te all’interno di una ECoC?

“Dopo questo primo mese di lavoro insieme, mi sembra Silent City un progetto complesso, che tesse fili tra linguaggi apparentemente lontani: i bambini e gli anziani, gli artisti internazionali e la comunità locale, le organizzazioni culturali del territorio e le grandi istituzioni culturali, l’opera lirica e la cultura popolare. Questo significa adottare linguaggi differenti, disegnarli e adattarli alle necessità dell’interlocutore per far emergere nuove potenzialità nella partecipazione culturale. Allo stesso tempo il progetto deve riuscire a muoversi all’interno di un mare turbolento come quello di una capitale europea della cultura, dove input, suggestioni, difficoltà, rischiano di sovrastare la linearità di un progetto. La vera sfida ritengo sia quella di solcare queste onde con la consapevolezza che ad oggi l’ECoC è uno scenario moltiplicatore, difficilmente ripresentabile. Sta a progetti come Silent City  il compito di catturare tale valore e trasportarlo con nuova consapevolezza negli anni successivi. L’ esercizio di valutazione dell’impatto potrà avvalorare tale meccanismo.”

Per noi è stato il primo approccio in questo senso e  si sta rivelando un’opportunità immensa per ragionare in termini progettuali  per il futuro di Silent City.