Cosa è successo dopo ogni replica di “Lemmings”

La sera del debutto dello spettacolo LEMMINGS (la nostra nuova produzione portata in scena nell’ambito della rassegna La Scena Lucana) è successa una cosa strana, sorprendente. 
Dopo gli applausi, usciti di scena, in sala continuava a regnare un silenzio perfetto. Siamo rimasti anche noi qualche secondo senza parlare, dietro le quinte, guardandoci stupiti, per capire cosa stesse succedendo dall’altra parte. Abbiamo aspettato ancora qualche secondo, ma niente. Il mormorio continuava a non arrivare. Sbirciamo dal sipario. Il pubblico, con già le luci di sala accese, stava ancora lì, zitto, inchiodato alla sua poltrona. “Che facciamo?”.
Gli inchini e gli applausi, pratica che da sempre chiude quello spazio-tempo di comunicazione intima che si crea tra l’attore e il pubblico, non erano bastati a sancire la fine di quell’incontro. E così abbiamo preso la decisione di andare in platea, in mezzo al pubblico, per “raccogliere” quel silenzio. Gli spettatori se ne stavano lì, ancora sprofondati nelle loro poltrone, con gli occhi pieni di commozione e il sorriso di chi ha partecipato sul serio. E ora aveva voglia di parlare con noi prima di concedersi definitivamente.

La magia del teatro sta tutta lì: nel flusso empatico, nel movimento circolare di energie che prende vita tra pubblico e scena. Il pubblico sentiva l’esigenza di non essere buttato fuori da questo rapporto con la chiusura del sipario; voleva che restassimo ancora un po’ con loro. Ne è nato così un dialogo e un confronto bellissimo che dopo Melfi è diventata la nostra pratica. Dopo ogni replica, siamo infatti rimasti a parlare con il nostro pubblico, sempre nuovo, sempre diverso, sempre bisognoso di non rompere quella magia così in fretta. E tante sono state le restituzioni, tutte diverse come i luoghi della Basilicata; tutti troppo isolati per mischiarsi, che poi è la cosa che li rende unici. E ne avevamo bisogno anche noi. Perché è negli occhi e nelle parole di chi ha partecipato che abbiamo conosciuto meglio anche noi il nostro lavoro, portandoci a casa (esattamente come i nostri spettatori) le domande, le riflessioni e le sensazioni che Lemmings ha suscitato in noi e nel pubblico.

“Credo che noi tutti prima o poi ci ritroviamo a camminare sull’orlo di quel buco nero; non sai come, perché, ma prima o poi ci arrivi. È il gioco del senso della vita che non ha soluzione. Ma c’è un sussulto di speranza quando ti rendi conto che quel posto è affollato. Ho sentito la fiducia negli altri e nella vita”. Queste le parole di un ragazzo potentino che ha voluto condividere con noi la sua esperienza dei Lemmings. E ancora: “E’ un teatro che fa bene, questo, perché ti costringe a riflettere” dice una signora di Oppido. “Io però sono abituato a ridere a teatro. Stasera invece mi porto a casa un po’ di angoscia… Mi sembra po’ pessimista il messaggio che volete farci arrivare”” dice il signore di Moliterno in terza fila. “Secondo me non c’è nulla di pessimistico, invece. Avete raccontato uno spaccato di realtà semplice e crudo, senza giudizio. Avete messo in scena la fragile bellezza della vita” risponde un signore con barba e occhiali dal fondo della sala. Qualche giorno dopo aver visto lo spettacolo, una mia cara amica mi dice al telefono:“La velocità di fuga è tante cose. Ci ho pensato tanto in questi giorni a questa metafora. Per esempio, in questo momento la mia velocità di fuga è quella di non lasciarmi affliggere dal pensiero delle lavatrici da fare e dal tempo che manca, perché ce la possiamo fare a fare tutto. La velocità di fuga è essere propositivi, positivi, non lasciarsi trascinare giù dalla sfiducia, è aver voglia di fare”.

E così,  dopo una settimana di repliche, il nostro Lemmings ne esce è più ricco e più motivato. Perché ciò che è per noi veramente  importante, non è sapere se lo spettacolo risponde o meno ai gusti del pubblico, se quest’ultimo lo ritiene bello o brutto, ma aver avvertito la funzione originaria del teatro che è quella di riflettere intorno alla vita portandoci al grado zero di essere umani, di animali comunitari cha da sempre hanno l’esigenza di narrarsi.

Vi aspettiamo domenica 16 Ottobre alle ore 21.00 al Teatro Comunale di Matera, per la nostra ultima replica!

Donatella, Alessandra, Vania e Michele