La bambina silenziosa e il suo grillo parlante | Diario di una maestra

Serena (nome di fantasia), 7 anni.
“E’ molto timida” mi avverte la mamma. E in effetti quando arriva alla sua prima lezione insieme alla sua estroversa amica del cuore Marta (anche questo nome inventato), Serena ha la faccia seria, forse anche un po’ spaventata. E’ evidente sia stata in qualche modo forzata a “provare teatro”.

“Tu ti chiami?” –  “Serena!” risponde prontamente al suo posto l’amica solerte.
E’ magrissima Serena e ha un faccino talmente minuto da far sembrare i suoi occhi ancora più grandi di quanto non siano. Entriamo in sala. Mentre chiacchieriamo un po’ col gruppo per rendere da subito il clima accogliente e gioioso, noto immediatamente un dettaglio interessante della postura di Serena: ha la testa inclinata verso il basso (tipico dei timidi), ma lo sguardo rivolto all’insù, verso noi insegnanti ovvero gli adulti. Insomma, è una timida ‘sui generis’, Serena. E infatti non sfugge mai al mio sguardo che cerca da subito di farsi complice e sorride sempre alle mie spiritosaggini con le quali cerco di divertirla e farla così sentire più a suo agio.

Iniziamo il primo esercizio. Il gioco richiede che gli allievi in cerchio si passino un’energia immaginaria dicendo semplicemente la parola ‘zip’. Solo che accade che non appena l’energia arriva a Serena, il gioco si blocca. Lei comincia a giocherellare con il polsino della sua maglia. Lo afferra e lo contorce, inclinando la testa da un lato e chiudendo le ginocchia all’interno. E così quello scricciolo tutto occhi resta immobile. All’inizio la incoraggio, ma non funziona. Allora a un certo punto, dopo diversi tentativi, le dico dolcemente: “Serena, non è un problema se non vuoi dire zip. Va bene lo stes…”. Ma non mi fa finire di pronunciare la frase che eccola parlare. Una vocina piccola e sottile, a mala pena udibile. Non si percepisce nemmeno quel monosillabo senza significato. Udiamo solo un suono, come lo squittio di un topino. Dopodiché sorride e torna stiracchiare il polsino della maglietta intorno al braccio.
Dopo quasi due mesi da quel giorno, Serena  – che nonostante il suo silenzio ostinato partecipa gioiosamente alle lezioni – ci distilla la sua deliziosa vocina con molta parsinomia, come qualcosa di prezioso che non va assolutamente sprecato. Così, quando quel piccolo miracolo accade, io e la maestra Assunta non riusciamo a frenare l’entusiasmo e a ringraziarla silenziosamente per quel generoso dono, -con uno sguardo e un sorriso.

Giovedì scorso, sono negli spogliatoi con i miei nanetti. La lezione è appena finita. Mi piace stare con loro anche mentre indossano scarpe e cappotti. E’ un modo per sentire il profumo della scia di buonumore che si lasciano dietro dopo due ore di teatro mentre vanno via. Serena e Marta sono sempre le ultime a lasciare la scuola perché Serena ha difficoltà a infilare le sue scarpette modello ‘sneakers’ tutte argentate. Come sempre, anche questa volta è Marta a chiedermi di aiutare la sua amica in difficoltà. E io lo faccio volentieri anche perché è un’occasione ghiotta per chiacchierare un po’ con lei e cercare di capire perché, ancora una volta, non ha voluto parlare durante un esercizio. “Forse ti sono antipatica io…” – le dico scherzando “Perché, sai, ho notato che quando sei con i tuoi compagni chiacchieri tantissimo!”. – “Sì, infatti lei è una chiacchierona, parla sempre!” interviene prontamente Marta. “Lo so, l’ho visto…” – Poi aggiungo: “Scusa, Serena, se poi a un certo punto sono dovuta andare avanti con l’esercizio, ma mi era sembrato di capire che non volessi farlo. Questo non è un problema per me, però se me lo dici io capisco ed evito di insistere”. Serena continua a sorridere e a tacere.
“E già! La maestra non legge nella nostra mente” – puntualizza Marta riprendendo una battuta che avevo fatto prima durante la lezione. “Se tu non vuoi fare l’esercizio lo dici. La maestra – cioè tu – è brava. Ti capisce”. Marta è adorabile in questo ruolo di doppiatrice della sua amica del cuore, perché lo fa con amore e dolcezza.
“Sere’, ma tu a Marta la paghi per farti da avvocato?” . Questa volta la risata di Serena è sonora. Incalzo: “Cos’è? Una specie di segretaria?  Un’assistente tutto fare? Un’agente?”. Serena ride tantissimo. “Se risponde sempre al posto tuo, su qualsiasi cosa, vuol dire che sa tutto di te. Sa forse anche i tuoi segreti?”. Le chiedo curiosa mentre le infilo il cappotto. Marta – che pure ride tanto – proprio non vuole venir meno al suo ruolo di grillo parlante: “Sì, li so tutti! Sono io che scrivo il suo diario segreto mentre lei detta!”.
Questa è davvero bella! L’immagine di Serena che con la sua vocina detta i suoi segreti alla sua amica remunerata per farle anche da dattilografa, è per me esilarante!
“Scusatemi, ma così non è un vero diario segreto…”  esclamo fintamente sconcertata, mentre afferro un capo di lana. “E questo che razza di cappello è?” – “Non è un cappello. E’ uno scalda-collo!” risponde sempre Marta. “Ma la paghi tanto? No, perché se è così allora io mi propongo come cameriera personale. Ho pure imparato a infilarti queste scarpe! Guarda che sono bravissima! Senti un po’… (cambiando voce) L’aiuto ad indossare il suo scalda-collo, signora?… e anche questo elegantissimo cappello abbinato… e lo zainetto, ovviamente!”.
Serena e Marta ormai si scompisciano, mentre le accompagno all’uscita continuando con i miei salamelecchi.
Poi trattengo Serena, mi chino e a voce bassissima le dico: “Davvero, Serena, per me non è problema se non vuoi parlare. Non è necessario. Ma voglio che tu sappia che quando lo fai io sono molto felice”. Lei mi sorride e se ne va.

“Siete sulla strada giusta. Devi solo darle più tempo…” penso mentre anch’io mi affretto a indossare il cappotto. Che strano però… Quel pensiero è risuonato nella testa non con la mia voce, ma con quella di Marta. Allora sorrido anch’io, timidamente, come Serena.
E penso – questa volta con la mia voce – che non vedo l’ora sia di nuovo Giovedì.