L’incontro di passato, presente e futuro nella parola “ricominciare” | Diario di una maestra

Ed eccoci qui. A ricominciare.

Per il venticinquesimo anno di fila, Settembre fa riecheggiare fra i rami dell’Albero un verbo che a me, personalmente, è sempre piaciuto moltissimo, ma che da dieci anni a questa parte (da quando cioè dirigo la Scuola) mi piace ancora di più.
Ri-cominiciare è infatti una parola eccitante e anche un po’ ‘fatata’, perché sta nel presente, ma con lo sguardo grato al passato e le gambe slanciate in corsa verso il futuro.
Non ha nulla a che fare con la routine, un mestiere come il nostro. Non ci si rifugia nelle cose concrete che hanno funzionato, ma nei valori e nei principi che – alla base del lavoro – hanno permesso che quelle cose funzionassero.
Insomma, è anche un po’ una questione di metodo, oltre che di contenuto;
per cui, nel programmare un nuovo anno di attività è dalla domanda “cosa ancora posso imparare dal teatro?” che gli insegnanti devono ri-cominciare.
Perché il teatro forma l’uomo, prima ancora che l’attore; il teatro insegna ai maestri, prima ancora che agli allievi.

Quando alle primissime lezioni dell’anno appena ri-cominciato ti ritrovi davanti uno scricciolo timido e spaventato di 6 anni; un vulcano incontenibile di 10; un’allieva di lunga data di 13 che nel giro di un’estate ti ha superata in altezza (e ora sfoggia pure il mascara su ciglia lunghissime!); un adolescente di 16 anni corazzato da duro ‘non ho paura di niente-sono-qui-solo-per-curiosare‘; una donna di 40 anni che si presenta al gruppo aggiungendo al nome e alla professione che la sua lunga storia d’amore sta per finire, cosa vuoi “insegnare”? Dovrai toglierti le scarpe anche tu – a teatro si lavora a piedi nudi e non è solo un fatto di praticità, ve lo assicuro! – e lasciar fare tutto al teatro. Lui troverà il modo di parlare ad ognuno, bussando al suo cuore, sfiorando la sua mente, sussurrando alle sue orecchie. Non importa l’età. Gli strumenti saranno gli stessi: immaginazione, corpo, voce, spazio, emozioni; gli obiettivi pure: consapevolezza, equilibrio, riflessione, autenticità. L’approccio a volte sarà ludico, gioioso, chiassoso; altre introspettivo, grave, silenzioso. Dopodiché si dovrà fare in modo che le cose accadano, semplicemente e felicemente. E’ questa la cosa più bella ed eccitante di questo lavoro: come in un viaggio sappiamo dove vogliamo arrivare, ma non come. Quali strade percorreremo è da vedere: a volte saranno autostrade ampie e diritte, altre sentieri stretti e tortuosi; a volte riconoscerai dei percorsi (li abbiamo già attraversati o è solo un dejavù?), altre saranno sconosciuti. E potrà anche capitare di imbattersi in un vicolo cieco e così dovremo tornare indietro oppure… oppure potremmo provare ad andare oltre l’ostacolo per vedere se nasconde un nuovo orizzonte. infine, cosa ancora più elettrizzante, sarà il piacere di perdersi: deviare volutamente il tragitto per poi scoprire che magari la meta che ci eravamo prefissati di raggiungere non è più così importante.

E se questo miracolo di meraviglie, stupore, gioia, commozione, ogni anno ri-comincia è grazie a un patto di alleanza tacitamente stipulato tra gli insegnanti, gli allievi e le loro famiglie che decidono di fidarsi e affidarsi gli uni agli altri e – soprattutto – di fidarsi e affidarsi, insieme, al teatro: una città senza case di 100mq circa, con dentro tutta l’umanità possibile.


 

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