Dilettanti genialoidi, che tormento! | Diario di un maestro

Quando ero bambino e frequentavo la scuola media, la professoressa di musica ci sottoponeva spesso all’ascolto delle esibizioni di pianoforte di Davide, un mio compagno di classe già molto serio per la sua età, che tutti noi guardavamo con sospetto.
Le sue esibizioni erano senz’altro corrette – studiava pianoforte da molti anni – ma prive di sentimento. Era rigido, impostato e non aveva l’aria di divertirsi.

Io suonavo invece un modesto flauto dolce, però mi distinguevo dai miei compagni in quanto riuscivo a riprodurre ad orecchio qualsiasi motivo e conoscevo tutto il repertorio allora in voga degli Inti-Illimani.

Davide ha continuato i suoi studi in conservatorio ed è diventato un musicista professionista, mentre il mio flauto giace dimenticato nel fondo di un cassetto; chi aveva ragione?

Spesso riteniamo che le persone di successo siano arrivate ad ottenere grandi risultati perché dotate di talento. Ma il talento, così come concepito da molti, in realtà non esiste.
Infatti, e non sono io a dirlo ma gli studiosi che si sono occupati del problema (come lo psicologo Anders Ericsson), il talento non è altro che un gusto, una preferenza.
Una persona che ama disegnare inizierà a farlo fin da bambino diventando bravo molto presto. Tutti diranno che ha talento, ma in realtà ha solo più esperienza avendo fatto più pratica di altri che non hanno coltivato lo stesso interesse.
Ma per raggiungere l’eccellenza è necessario applicarsi e studiare. I ricercatori che hanno approfondito questo fenomeno analizzando alcuni studenti dell’Accademia Musicale di Berlino, sono arrivati alla conclusione che nessun musicista, neanche quelli ritenuti inizialmente più talentuosi, avesse raggiunto l’eccellenza in minor tempo o con meno impegno rispetto ai colleghi “privi di talento”.

Ci piace immaginare che grandi personaggi come Antonio De Curtis, in arte Totò, sapessero improvvisare dal nulla le situazioni comiche più spettacolari.
In realtà, prima di diventare l’attore che tutti conosciamo ed apprezziamo, il giovane Totò si è sottoposto allo studio, all’osservazione e alla rappresentazione dei personaggi che più ammirava non senza fatica.
Da giovane si avvicina al teatro dapprima come appassionato spettatore, colpito da quei personaggi comici che inizierà ad imitare fino alla perfezione.
Ecco che solo con l’esperienza raggiunta in duri anni di lavoro, riesce col tempo a dare l’impressione di improvvisare al momento sempre nuove situazioni, attingendo in realtà dal suo bagaglio attoriale di gag, lazzi e movenze.
Questi suoi progressivi miglioramenti si possono notare se osserviamo come l’attore sia cambiato e migliorato dai suoi primi film, in cui il personaggio di Totò è ancora macchiettistico, fino ad arrivare alla fine degli anni ’50 quando la sua “maschera” è ormai definita.

Il talento, quindi, inteso come passione e interesse rappresenta una condizione essenziale, ma porta all’eccellenza solo se siamo disposti ad impegnarci seriamente.

In pratica, tutti possono diventare bravi a fare qualsiasi cosa, basta evitare di auto-limitarsi con la scusa del talento.